In questo volume è stata studiata in maniera complessiva la parentesi orientale della controversia pelagiana (411-431). La ricerca è divisa in due parti. Nella prima, sono stati esaminati i rapporti che i principali esponenti del movimento pelagiano (Pelagio, Celestio e Giuliano d’Eclano) hanno intrattenuto con i vescovi orientali con cui sono entrati in contatto (Giovanni e Prailo di Gerusalemme, Attico di Costantinopoli, Cirillo d’Alessandria, Teodoro di Mopseustia e Nestorio). In questo modo è stato possibile delineare una geografia dell’accoglienza e del respingimento dei membri del movimento pelagiano. Infatti, è soltanto al termine di questa indagine storica, durante il Concilio di Efeso (431), che anche in Oriente il pelagianesimo è diventato unanimemente un’eresia da condannare.
Nella seconda parte della ricerca sono stati analizzati i principali teologi e polemisti anti-pelagiani di lingua latina residenti in Oriente. Si tratta di Girolamo, Orosio, Heros e Lazzaro, accusatori di Pelagio durante il sinodo di Diospoli (415) e di Mario Mercatore. Questi autori sono stati messi a confronto con Agostino d’Ippona allo scopo di dimostrare la pluralità delle posizioni teologiche e delle rappresentazioni retoriche del pelagianesimo tra i suoi oppositori. Si è dimostrato, infatti, che opporsi al movimento pelagiano non ha significato necessariamente condividere in pieno una teologia di stampo agostiniano, nè la medesima impostazione retorica di Agostino.